Sarà perché il gioco ci rivela nel modo più autentico e fissa per sempre ciò che siamo stati, sarà per questo che ci piace ricordarti tra i pali, quando scendevi in campo a difendere la porta della nostra squadra di ragazzi.
Una maglia aderente, azzurra con i bordi bianchi, una tuta del colore della sabbia, corta alle caviglie, come una seconda pelle. Sono questi i colori, i panni consumati di quel tempo e dei nostri ricordi. Vestivano la nudità del tuo cuore, ed erano semplici come i tuoi gesti.
Ti muovevi lentamente, con superiore equilibrio e distacco. Eppure eri nel pieno di ogni azione. Ogni tuo gesto era centrato, preciso, nel pieno della vita. Ammiravamo le tue movenze. Sembravano accordarsi a un principio più alto, a una regola prossemica a tutti segreta, che ti induceva a controllare rigorosamente la tua forza, mai ad esibirla. Avevi la strana grazia di certi animali selvatici, un fare che era sempre connaturato con il fine di ogni cosa intrapresa. E sapevi restare fermo agli urti della vita, come quando in porta respingevi i tiri più potenti con un semplice gesto della mano, con la spalla ferma o con il volto. Portavi forse con te, in un prodigio di sintesi, lo slancio dell’azione e la fiera immobilità di una statua.
A noi, che ti correvamo davanti nel campo da gioco, sembravi fatto di pietra. E di pietra forse erano i tuoi sogni, fermi, alti, come alberi robusti di vento e radici. Questo bastava ad essere uomini. Ora sappiamo ciò che dicevano i tuoi occhi e le tue mani. Nessun sogno tradisce se non diviene il tuo padrone, se lo tieni stretto con te per sempre e senza finzione.
Tu non sembravi mai.
E ci manca, di quegli anni, il chiodo da battere con forza nella pietra che vacilla.
I ragazzi del muretto
Ci uniamo a "loro" in un forte abbraccio a tutta la famiglia, il Direttivo e Casanova tutta!